top of page

Terraforming o Protezione Planetaria



 L’esplorazione umana dello spazio, l’estrazione di risorse o la realizzazione di futuri insediamenti sono attività destinate a produrre profondi mutamenti ambientali su altri corpi celesti. L’alterazione più drastica, però, è la trasformazione di un pianeta per renderlo più simile alla Terra, un processo noto come ingegneria planetaria o “terraforming”.

Secondo la definizione dello scienziato planetario Christopher McKay, l’ingegneria planetaria punta a trasformare in modo permanente un intero mondo con interventi «stabili su scale temporali lunghe senza richiedere interventi tecnologici continuativi…». Dopo la fondamentale trasformazione iniziale, ottenuta grazie a un significativo apporto di energia, di materiali e di tecnologie, il corpo celeste terraformato dovrebbe funzionare come un ambiente naturale della Terra e mantenere il proprio equilibrio indefinitamente.

Di “terraforming” si parla da oltre mezzo secolo. Già nei primi anni ‘60, l’astrofisico Carl Sagan ipotizzò la possibilità di una “reingegnerizzazione microbiologica” di Venere introducendo alghe blu-verdi nella sua atmosfera. Le alghe avrebbero utilizzato la fotosintesi per convertire l’abbondante anidride carbonica del pianeta in ossigeno, riducendo sostanzialmente l’effetto serra e abbassando la temperatura superficiale di Venere. In seguito Sagan rivolse la sua attenzione a “riprogettare” Marte, considerato il candidato migliore per una terraformazione di successo.

Se Venere è ricoperto da un'atmosfera densa e tossica, responsabile di un effetto serra incontrollato con temperature e pressioni intollerabili sulla sua superficie, Marte ha il problema opposto. Miliardi di anni fa, il suo campo magnetico è scomparso e il vento solare ha spazzato via gran parte dell’atmosfera. Con una pressione atmosferica estremamente bassa, l'acqua superficiale è evaporata, lasciando solo depositi di ghiaccio sotto la superficie. Per terraformare Marte, gli ingegneri planetari dovrebbero aumentarne la temperatura superficiale e la pressione atmosferica, proteggendo al contempo il pianeta dal vento solare. Sagan ha suggerito di spargere un materiale scuro, trasportato dai due satelliti Phobos e Deimos che sono fra gli oggetti più scuri del sistema solare, per assorbire una maggiore quantità di calore solare e aumentare la temperatura superficiale. In questo modo il vapore acqueo e l’anidride carbonica rilasciati nell’atmosfera contribuirebbero a generare un effetto serra che, a sua volta, faciliterebbe l’ulteriore aumento della temperatura e la creazione di un’atmosfera più densa.

Oggi, anche grazie ai dati ottenuti dalle sonde inviate sul pianeta rosso, possiamo definire meglio gli interventi multidisciplinari che sarebbero necessari per trasformare Marte in un ambiente abitabile per gli esseri umani:  

·      Il primo passo sarebbe il riscaldamento del pianeta per consentire un clima più temperato. A questo scopo, potrebbero essere utilizzati specchi orbitali, capaci di concentrare la luce solare e aumentare significativamente la temperatura media del pianeta che ora si aggira intorno a -60 °C.

·      Parallelamente andrebbe aumentata la densità dell’atmosfera che è appena un centesimo di quella terrestre. Questo permetterebbe la presenza di acqua liquida in superficie e contribuirebbe a riscaldare il pianeta. Per aumentare la pressione atmosferica di Marte si pensa di concentrare il riscaldamento sulle calotte polari, composte prevalentemente di ghiaccio secco (CO₂ solido), la cui sublimazione rilascerebbe grandi quantità di gas serra.

·      Inoltre, sarebbe necessario introdurre ossigeno nell'atmosfera per renderla adatta agli esseri umani, che potrebbero così respirare senza bisogno di tute pressurizzate. A questo scopo, sono stati sperimentati dispositivi, alimentati a energia solare, che imitano la fotosintesi e sono in grado di convertire CO₂ in ossigeno e glucosio. In aggiunta, potrebbero essere utilizzati cianobatteri, noti per la capacità di trasformare CO₂ in ossigeno anche in ambienti estremi, o piante geneticamente modificate per ottimizzare il ciclo della fotosintesi nelle mutate condizioni ambientali di Marte.

·      Importante sarà anche la gestione dell'acqua per creare le riserve necessarie per la vita umana e l'agricoltura. Una parte potrà essere prodotta dallo scongelamento del permafrost, ma potrebbe essere necessario anche catturare comete o asteroidi ghiacciati per farli impattare su Marte e rilasciare così acqua sulla sua superficie.

·      Fondamentale, infine, sarà la creazione di campi magnetici artificiali per creare una sorta di “magnetosfera” capace di deviare le particelle cariche provenienti dal vento solare e per proteggere gli esseri umani dalle radiazioni cosmiche.

Ognuno di questi interventi richiederà ricerche e tecnologie avanzate oltre ad enormi quantità di materiali e di risorse economiche. La terraformazione è un esempio di pianificazione a lungo termine, perché ci vorranno molti decenni di pazienti sforzi prima che un essere umano possa camminare senza protezione sulla superficie di Marte.

Se la combinazione di queste strategie potrebbe, almeno teoricamente, trasformare Marte in un ambiente più adatto alla vita dei futuri coloni terrestri, ci pone, inevitabilmente, di fronte a questioni di carattere etico. Interventi così massicci, infatti, possono danneggiare o addirittura spazzare via potenziali forme di vita presenti sul pianeta. Gli eventuali microbi marziani non sarebbero probabilmente in grado di sopravvivere in un ambiente più simile alla Terra e quindi il processo di “terraforming” potrebbe far scomparire specie o interi ecosistemi prima ancora di averne rilevato l’esistenza.

Secondo gli esperti di astrobiologia, potremmo perdere l’opportunità di fare la scoperta scientifica più importante della storia umana: trovare forme di vita che si sono evolute al di fuori del nostro pianeta. Anche se attualmente non ci fosse vita su Marte, le modifiche dell’ambiente marziano introdurrebbero processi fisici - come precipitazioni e nuove reazioni chimiche legate all’acqua corrente - che potrebbero facilmente cancellare o contaminare qualsiasi prova che la vita extraterrestre sia mai esistita sulla sua superficie.

In questo senso, il dilemma etico del “terraforming” supera di gran lunga le preoccupazioni di protezione planetaria legate alla contaminazione creata dall’atterraggio di un veicolo terrestre o dalla realizzazione di insediamenti umani. Visto che l’ingegneria planetaria punta a modificare Marte su scala globale, potrebbe distruggere qualsiasi ecosistema preesistente, ancora prima di aver determinato con certezza se esistono o sono mai esistite forme di vita indigene.

D’altro canto, se scoprissimo prove dell’esistenza di vita microbica sul pianeta rosso, sarebbe un elemento sufficiente per impedire la terraformazione e per limitare gli insediamenti su Marte? Carl Sagan, nel suo libro “Cosmos”, sosteneva proprio questa posizione: «Se c’è vita su Marte, credo che non dovremmo fare nulla con Marte. Marte quindi appartiene ai marziani, anche se i marziani sono solo microbi. L’esistenza di una biologia indipendente su un pianeta vicino è un tesoro al di là di ogni valutazione, e la preservazione di quella vita deve, a mio avviso, sostituire qualsiasi altro possibile utilizzo…»

L’etica spaziale di Sagan, secondo cui gli esseri umani dovrebbero evitare mondi in cui esistono forme di vita autoctone, appare difficile da implementare. La storia umana ha ampiamente dimostrato come la nostra evoluzione sia avvenuta troppo spesso al costo dello sterminio di intere specie. Possiamo pensare che l’estinzione di qualche microbo marziano possa ostacolare la nostra espansione al di fuori della Terra, soprattutto se ciò diventasse vitale per la specie umana?

Può sembrare prematuro discutere dei rischi di distruggere l’ecosistema marziano, che potrebbe non esistere affatto, a causa dell’utilizzo di tecnologie che ancora non abbiamo, ma credo che questo sia proprio il punto della questione. Per secoli abbiamo agito senza pensare alle conseguenze e i danni prodotti sono sotto gli occhi di tutti e stanno mettendo a repentaglio il nostro stesso futuro sulla Terra.

Forse è opportuno riflettere sugli errori commessi e iniziare a valutare i rischi di distruggere interi ecosistemi ancor prima di arrivare a sviluppare le tecnologie per terraformare altri mondi. Una riflessione etica nei confronti delle altre forme di vita, anche quelle extraterrestri, è anche un modo per misurare il livello di civiltà di una specie che ambisce a raggiungere le stelle.

 

Comments


bottom of page